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Dichiarazione dei redditi 2017 2018: ecco i risultati

Pubblicati dal MEF i risultati delle dichiarazioni dei redditi 2018 (anno di imposta 2017) e delle dichiarazioni IVA

 

 

Ecco quali sono stati i risultati delle dichiarazioni dei redditi 2018 e delle dichiarazioni IVA. Con il comunicato stampa n. 63 del 28 marzo 2019 il MEF (Ministero dell'Economia e delle Finanze) ha pubblicato i risultati del 2017.

Il comunicato informa che circa 41,2 milioni di contribuenti hanno assolto l’obbligo dichiarativo, direttamente attraverso la presentazione dei modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche” e “730”, o indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d’imposta (Certificazione Unica - CU). Il numero totale dei contribuenti è aumentato di circa 340.000 soggetti (+0,83%) rispetto all’anno precedente. Sono 20,7 milioni le persone fisiche che hanno utilizzato il modello 730 con un aumento di oltre 500.000 contribuenti rispetto all’anno precedente; 9,7 milioni di soggetti hanno presentato invece il modello “Redditi Persone Fisiche”, mentre i dati dei restanti 10,8 milioni di contribuenti, non tenuti a presentare direttamente la dichiarazione, sono stati acquisiti tramite il modello CU compilato dal sostituto d’imposta.

 

Reddito complessivo dichiarato

Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 838 miliardi di euro (-5 miliardi rispetto all’anno precedente, -0,6%) per un valore medio di 20.670 euro, in flessione dell’1,3% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente. Il calo del reddito complessivo totale e medio è dovuto in parte agli effetti transitori dell’introduzione del regime per cassa per le imprese in contabilità semplificata ed in parte al calo del reddito da lavoro dipendente.
L'analisi territoriale conferma che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (24.720 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (23.850 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (14.120 euro); anche nel 2017, quindi, rimane  cospicua la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali.

 

Tipologie di reddito dichiarate

I redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’84% del reddito complessivo dichiarato, nello specifico, il reddito da pensione rappresenta circa il 30% del totale del reddito complessivo. Il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 43.510 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori (titolari di ditte individuali) è pari a 22.110 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.560 euro, quello dei pensionati a 17.430 euro. Infine, il reddito medio da partecipazione in società di persone ed assimilate risulta di 18.380 euro. Si ricorda che la quasi totalità dei redditi da capitale è soggetta a tassazione sostitutiva e non rientra pertanto nell’Irpef.
E’ opportuno ribadire che per “imprenditori” nelle dichiarazioni Irpef si intendono i titolari di ditte individuali, escludendo pertanto chi esercita attività economica in forma societaria; inoltre la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di “datore di lavoro” in quanto la gran parte delle ditte individuali non ha personale alle proprie dipendenze. Sarebbe pertanto improprio utilizzare i dati sopra riportati per confrontare i redditi degli “imprenditori” con quelli dei “dipendenti”.
L’analisi dell’andamento dei redditi medi delle singole categorie di contribuenti evidenzia che, in confronto al 2016, crescono in misura significativa i redditi medi da lavoro autonomo (+4,2%) e d’impresa (+3,8%, al netto dei soggetti in perdita), anche per effetto delle crescenti adesioni al regime forfetario: la fuoriuscita dalla tassazione ordinaria di imprenditori e lavoratori autonomi di piccole dimensioni, che dichiarano normalmente redditi bassi, determina infatti un aumento del reddito medio dichiarato soggetto a Irpef ordinaria. Cresce anche il reddito medio da partecipazione (+2,2%).
Il reddito medio da pensione mostra una crescita dell’1,5%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre il reddito medio da lavoro dipendente accusa una leggera flessione (-0,6%). Tuttavia, se si includono nel reddito medio da lavoro dipendente i premi di produttività, tassati separatamente ad aliquota agevolata, per i quali nel 2017 sono state rivisti ammontare e soglie di fruibilità, la variazione risulta inferiore (-0,4%). In tale ambito, va evidenziato l’aumento del numero di lavoratori con contratti a tempo determinato (+14,7%), presumibilmente a causa del venir meno della decontribuzione per le nuove assunzioni, previste per due anni dal “jobs act” che ha determinato una ricomposizione delle assunzioni a favore di forme contrattuali temporanee. Inoltre, si registrano oltre 294.300 soggetti (1,3% del totale lavoratori dipendenti, con una crescita del 38,4% rispetto al 2016) che hanno richiesto la liquidazione mensile del TFR, per un ammontare di circa 238 milioni di euro (valore medio annuo di 808 euro). Nel 2017 l’ammontare del reddito da fabbricati soggetto a tassazione ordinaria ammonta a 27,1 miliardi di euro, con una riduzione dell’1,6% rispetto all’anno precedente, a causa dell’aumento della tassazione sostitutiva.

 

Principali novità

Come già anticipato, la nuova disciplina della tassazione sostitutiva dei premi di produttività, introdotta nel 2016, prevede un innalzamento della soglia del reddito da lavoro dipendente da 50.000 euro a 80.000 euro e dell’ammontare del premio soggetto a tassazione agevolata che passa da 2.000 euro a 3.000 euro e sale a 4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro e se i contratti collettivi aziendali o territoriali sono stati stipulati fino al 24 aprile 2017. Nel 2017 tale agevolazione ha interessato oltre 2,1 milioni di soggetti, ossia un dipendente su dieci, per un ammontare di circa 2,7 miliardi di euro di retribuzione (+35,4% rispetto al 2016). L’agevolazione consiste nella tassazione ad aliquota agevolata del 10% su questa parte di retribuzione.
La Legge di Bilancio 2017 ha introdotto un regime fiscale speciale (disciplina dei neo-residenti) riservato alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero e calcolata in via forfetaria nella misura di 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta in cui risulta valida l’opzione. Dalle dichiarazioni risultano poco meno di 100 soggetti ad aver fruito dell’agevolazione, per un’imposta versata pari a circa 8 milioni di euro. Per i redditi da locazione è stata estesa la cedolare secca ai comodatari ed affittuari che locano gli immobili per periodi non superiori a 30 giorni (cd. locazione breve) ed inoltre se i contratti sono conclusi con l’intervento di soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line, è prevista l’applicazione di una ritenuta del 21%. I soggetti che hanno fatto ricorso a tale agevolazione sono oltre 7.200 per un ammontare di 44,4 milioni di euro. Per l’anno in esame la tassazione sostitutiva ha interessato circa 2,4 milioni di soggetti (+11,5% rispetto al 2016), per un ammontare di imponibile di 14,4 miliardi di euro (+8,1% in caso di aliquota ordinaria e +21,4% in caso di aliquota ridotta per canone concordato) e un’imposta dichiarata di 2,6 miliardi di euro (di cui l’83% derivante da aliquota al 21%).

 

Imposta netta

L’imposta netta totale dichiarata è pari a 157,5 miliardi di euro, (+0,9% rispetto all’anno precedente). Al netto degli effetti del bonus 80 euro, l'imposta netta Irpef risulta pari in media a 5.140  euro e viene dichiarata da circa 30,7 milioni di soggetti, pari a circa il 75% del totale dei contribuenti. Oltre 10,5 milioni di soggetti hanno un’imposta netta pari a zero. Si tratta prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di coloro la cui imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento. Inoltre, considerando i soggetti la cui imposta netta è interamente compensata dal bonus “80 euro”, i soggetti che di fatto non versano l’Irpef salgono a circa 12,9 milioni.

 

Analisi per classi di reddito

Analizzando i contribuenti per fasce di reddito complessivo si osserva che il 45% dei contribuenti, che dichiara solo il 4% dell’Irpef totale, si colloca nella classe fino a 15.000 euro; in quella tra i 15.000 e i 50.000 euro si posiziona circa il 50% dei contribuenti, che dichiara il 57% dell’Irpef totale, mentre solo il 5,3% dei contribuenti dichiara più di 50.000 euro, versando il 39,2% dell’Irpef totale. 

 

Dichiarazioni IVA

Da questa annualità la pubblicazione dei dati delle dichiarazioni ai fini IVA viene anticipata al mese di marzo, a seguito dell’anticipo della scadenza per la presentazione della dichiarazione IVA. Sono circa 4,8 milioni i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2017, in calo rispetto all’anno precedente (-2,8%), a causa principalmente della mancata presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti che hanno aderito al regime forfetario.
Le operazioni imponibili dichiarate per l’anno d’imposta 2017 sono pari a 2.103 miliardi di euro (+0,9% rispetto al 2016), mentre il volume d’affari dichiarato è pari a 3.417 miliardi di euro, in aumento del 4,3%.
Per l’anno d’imposta 2017, l’Iva di competenza stimata è risultata pari a 88,8 miliardi di euro. Il dato non risulta confrontabile con quello dell’anno precedente[8], in quanto il procedimento di calcolo è stato oggetto di importanti affinamenti, per accogliere le importanti modifiche normative intervenute nel 2017.
L’anno di imposta in esame ha visto, infatti, a partire dal 1° luglio 2017, l’estensione del meccanismo dello split payment anche alle operazioni effettuate nei confronti delle società controllate da pubbliche amministrazioni centrali e locali, nonché delle società quotate incluse nell’indice FTSE MIB. Dalle dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2017, sono 505.855 i contribuenti (+51 % rispetto al 2016) che hanno effettuato operazioni in split payment per un ammontare di 198,3 miliardi di euro (+68%). Da un’analisi per settore economico si può osservare che il 54% dell’ammontare è concentrato in quattro settori: energetico (16,3%), manifatturiero (15%), costruzioni (11,3%) e commercio (11,3%).
Uno degli effetti dell’estensione dello split payment, che determina  per i fornitori il mancato incasso dell’Iva sulle cessioni, non consentendo le compensazioni con i crediti generati dall’Iva pagata sugli acquisti, è stato l’incremento delle posizioni creditorie dei contribuenti.  Il “Totale Iva a credito” passa dai 42,851 miliardi di euro del 2016 ai 48,841 miliardi di euro del 2017, con un incremento del 14%, l’ammontare complessivo del “Credito da computare in detrazione e/o in compensazione nell’anno successivo” è risultato pari a 40,733 miliardi, incrementandosi, quindi, del 12,3%; il rimborso annuale richiesto è stato pari a 7,8 miliardi con un incremento del 13,8%, mentre il rimborso infrannuale utilizzato ammonta a 4,4 miliardi, incrementandosi del 15,4%. Come rilevato in una precedente analisi statistica disponibile sul sito del Dipartimento delle Finanze, è inoltre aumentata la rapidità dei rimborsi IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Le sopracitate situazioni creditorie sono collegate anche all’applicazione del meccanismo del “reverse charge”. I settori di attività più interessati dall’applicazione di tale meccanismo risultano quello energetico, per il quale si rilevano gli importi più elevati (operazioni per circa 112 miliardi di euro) e il subappalto edile per il quale si registra il numero più elevato di operatori coinvolti (oltre 250.000 soggetti).
Con l’anno d’imposta 2017 è stata introdotta la “Comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA”, da presentare entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre con l’obiettivo di agevolare la verifica tempestiva dell’adeguatezza dei versamenti effettuati.
In armonia con tale innovazione, il modello di dichiarazione annuale è stato modificato in modo da non consentire più la traslazione nel versamento annuale di Iva periodicamente dovuta e non versata. Dalle dichiarazioni IVA/2018 emerge un incremento di 1,7 miliardi di versamenti effettuati alla loro corretta scadenza periodica.

Il comunicato del MEF termina ricordando che tutte le statistiche e le analisi dei dati sono disponibili sul sito internet del Dipartimento delle Finanze seguendo il percorso “dati e statistiche fiscali / dichiarazioni fiscali”. I dati vengono strutturati in open data, in modo da facilitarne il riutilizzo e per questo vengono diffusi anche nei formati RDF e CSV oltre che in formato XLS. Vengono anche aggiornati i dataset con doppia classificazione e la serie storica di dataset con le principali variabili dichiarate per comune.

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 29/03/2019

Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze

CCNL somministrazione di lavoro: le novità

Durata contratti a termine ampliata, taglio anziantià, welfare e MOG: le novità del ccnl agenzie di somministrazione lavoro aderenti ad Assolavoro

 

 

E' stato firmato  lo scorso 21 dicembre 2018 da Assolavoro e dalle organizzazioni sindacali Felsa Cisl, Nidil Cgil e Uil Temp, l’ipotesi di Accordo di rinnovo del CCNL delle Agenzie di Somministrazione di lavoro aderenti (circa l'87% del totale in Italia).  L'accordo è stato  ratificato dal Consiglio Direttivo di assolavoro e dalle assemblee dei lavoratori nel mese di febbraio 2019 . Questi tipi di contratto hanno riguardato nel 2017 oltre 700mila persone e hanno avuto un ulteriore incremento nel 2018 proprio a seguito dell'introduzione del Decreto Dignità.

Il decreto Dignità come noto ha ridotto infatti da 36 a 12 mesi la durata massima del contratto a termine, tanto diretto quanto stipulato a scopo di somministrazione,  con la possibilità di  prosecuzione del rapporto per altri 12 mesi solo in caso si realizzino le condizioni previste nelle causali fisse dettate dal decreto.

In sede di conversione in legge è stato comunque previsto che le disposizioni contrattuali collettive possano derogare dalla disciplina generale. Vediamo di seguito le soluzioni adottate nel nuovo ccnl. 

 

 

Durata massima dei contratti a termine in somministrazione

 Nell'accordo si prevede  che  a far data dal 1° gennaio 2019:

  • nelle ipotesi di somministrazione di lavoro con una azienda utilizzatrice, la durata massima va   individuata dal contratto collettivo di settore applicato . In assenza di tale disciplina la durata massima è fissata in 24 mesi;
  • nelle ipotesi di somministrazione di lavoro su diversi utilizzatori, la successione di contratti di lavoro a tempo determinato tra Agenzia e lavoratore puo avere una durata massima complessiva di 48 mesi.

Il nuovo accordo  prevede anche la possibilità di eseguire contratti commerciali di somministrazione a tempo determinato di lavoratori che sono assunti alle dipendenze dell’agenzia con contratto a tempo indeterminato senza limite di durata massima.

Da segnalare tra le disposizioni più rilevanti del nuovo accordo quelle che superano alcuni rischi derivanti dalla Circolare del Ministero del Lavoro n.17/2018, relativa al  Decreto Dignità.

La prassi ministeriale infatti include  computo dei 24 mesi alla successione di contratti a termine intercorsi tra le Parti tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione anche antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.   Questa indicazione comportava secondo  Assolavoro, che sarebbero state non meno di 53mila le persone che a gennaio 2019, raggiunti i 24 mesi di lavoro con la medesima Agenzia, non sarebbero potute più essere impiegate con un contratto di somministrazione a termine .
L’Accordo Assolavoro – sindacati  dispone che  tutti i periodi di lavoro a tempo determinato contrattualizzati tra le medesime Parti (ApL e lavoratore) sono conteggiati, ai soli fini del computo dell’anzianità lavorativa antecedente al 1° gennaio 2019, per un massimo di 12 mesi nell’arco temporale di 5 anni, qualunque sia il numero di mesi di impiego )

 

In sintesi  quindi :

Contratti tra 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2018 si calcolano al massimo per 12 mesi

Max 12 mesi

 Contratti precedenti il 1° gennaio 2014

Non si calcolano

Durata massima contratto con utilizzo nella stessa azienda

24 mesi

Durata massima contratto con utilizzo presso varie diverse o

48 mesi

 

 

Proroghe contratti somministrazione

Il Ccnl incrementa il numero massimo delle proroghe che possono essere applicate a ciascun contratto di lavoro a scopo di somministrazione. È confermata la disciplina vigente prima del decreto 87/2018 (sei proroghe per ogni contratto di somministrazione)  che possono  salire a otto, se il Ccnl dell’utilizzatore fissa una durata massima diversa dai 24 mesi.
Sono ammesse otto proroghe anche nei casi di

  • lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati: privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 12 mesi,
  • lavoratori ricollocati presso un diverso utilizzatore applicando le procedure del Ccnl,
  • casi previsti da accordi di secondo livello o dai contratti collettivi degli utilizzatori e
  • impiego di disabili assunti in base alla legge 68/1999.

 

Welfare e altre novità del CCNL somministrazione Assolavoro

Altri aspetti del nuovo accordo riguardano il  welfare di settore e la formazione e il MOG contratto a monte ore garantito:

  • si prevede il “diritto mirato a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale”
  • una disciplina puntuale dell’apprendistato tramite Agenzia per il Lavoro,
  • Contratto a  Monte Ore Garantito  riservato ai settori più esposti alla frammentazione contrattuale, (turismo,  grande istribuzione, logistica,alimentare, agricoltura, telecomunicazioni e servizi alla persona individuati mediante i codici Ateco) che era sperimentale nell'accordo del 2014, diventa un istituto strutturale del contratto 
  • incentivi e premialità per i contratti di lunga durata: pari ad esempio a mille euro se almeno di dodici mesi;
  • per i lavoratori disoccupati da almeno 45 giorni e precedentemente a tempo determinato in somministrazione per  almeno 90 giornate nell’arco nell'anno  viene riconosciuto un sostegno al reddito una tantum di 780 euro, che sale a mille euro se le giornate di lavoro arrivano a 110.

L'accordo non prevede interventi sule retribuzioni in quanto la legge prevede che i lavoratori in somministrazione hanno gli stessi diritti, le stesse tutele e la stessa retribuzione del lavoratore alle dirette dipendenze dell’azienda presso cui prestano la propria attività.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 19/03/2019

Fonte: Fisco e Tasse

 

Modifiche allo IAS 19 - benefici per i dipendenti: pubblicato il Regolamento UE

Pubblicato il Regolamento UE 2019/402 del 13.03.2019 che modifica il Principio contabile internazionale IAS 19 - Benefici per i dipendenti

 

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L072 del 14 marzo 2019 il Regolamento (UE) 2019/402 del 13 marzo 2019 che modifica il regolamento (CE) n. 1126/2008 che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il Principio contabile internazionale IAS 19 Benefici per i dipendenti.

Le imprese dovranno applicare tali modifiche al più tardi a partire dalla data di inizio del loro primo esercizio finanziario che cominci il 1° gennaio 2019 o successivamente. È consentita l'applicazione anticipata, in questo caso tale fatto deve essere indicato.

L'obiettivo delle modifiche è chiarire che, dopo la modifica, la riduzione o l'estinzione del piano a benefici definiti, l'impresa dovrebbe applicare le ipotesi aggiornate dalla rideterminazione della sua passività (attività) netta per benefici definiti per il resto del periodo di riferimento.

Ricordiamo che la finalità del presente Principio è quella di definire le modalità di contabilizzazione e le informazioni integrative relative ai benefici per i dipendenti. Il presente Principio prevede che l'entità rilevi:

  1. una passività quando un dipendente ha prestato attività lavorativa in cambio di benefici da erogare in futuro e
  2. un costo quando l'entità utilizza i benefici economici derivanti dall'attività lavorativa prestata da un dipendente in cambio di benefici.

 

I benefici per i dipendenti comprendono:

  1. benefici a breve termine per i dipendenti, come quelli riportati di seguito, se si prevede che siano liquidati interamente entro dodici mesi dal termine dell'esercizio nel quale i dipendenti prestano i relativi servizi:
    i) salari, stipendi e contributi per oneri sociali;
    ii) indennità sostitutive di ferie e di assenze per malattia;
    iii) compartecipazione agli utili e piani di incentivazione; e
    iv) benefici non monetari (quali assistenza medica, abitazione, auto aziendale e beni o servizi gratuiti o a prezzi ridotti) per i dipendenti in servizio;
  2. benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro, quali:
    i) benefici pensionistici (per esempio, pensioni e pagamenti in un'unica soluzione al momento del pensionamento); e
    ii) altri benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro, quali assicurazioni sulla vita e assistenza medica;
  3. altri benefici a lungo termine per i dipendenti, quali:
    i) assenze a lungo termine retribuite quali permessi legati all'anzianità di servizio o disponibilità di periodi sabbatici;
    ii) anniversari o altri benefici legati all'anzianità di servizio; e
    iii) benefici per invalidità permanente; e
  4. benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro.

 

 

1 FILE ALLEGATO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Forma Giuridica: Normativa - Regolamento 

Numero 2019/402 del 13/03/2019 
Fonte: Commissione Europea