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Comunicati stampa

Due miliardi di patrimoni esteri fuori dalle dichiarazioni fiscali

 

 

Non sono bastate due voluntary disclosure a far emergere del tutto i patrimoni detenuti illegalmente all’estero. Le indagini condotte dall’agenzia delle Entrate, in sinergia costante con la Guardia di Finanza hanno fatto emergere nell’anno appena concluso nei confronti di 160 soggetti, una maggiore base imponibile Irpef di 520 milioni circa . Ma, soprattutto, gli uffici del Fisco hanno accertato omesse indicazioni di attività finanziarie ai fini del monitoraggio fiscale per oltre 1,85 miliardi di euro. In sostanza quasi due miliardi di patrimoni celati ancora all'amministrazione finanziaria e tenuti nascosti oltre confine.

 

Le attività investigative e di analisi, con particolare attenzione a quelle di contrasto a modalità di evasione ed elusione messi in atto da soggetti particolarmente a rischio, sono state orientate soprattutto verso fenomeni di residenza estera fittizia e di trasferimento o detenzione di attività finanziarie all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, che si concretizzano con la compilazione del quadro RW del modello Redditi. I principali strumenti utilizzati per nascondere i patrimoni all’estero sono ancora trust e società di comodo.

 

A indirizzare i controlli e le analisi di rischio su cui concentrare i recuperi di gettito sono state soprattutto le informazioni raccolte con le due operazioni di rientro dei capitali. Con le direttive impartite già nel 2016, infatti, l’Agenzia aveva disposto l’utilizzo delle dichiarazioni di emersione della voluntary per procedere con successive attività di analisi e rilevazione statistica delle condotte evasive più diffuse (soprattutto quelle che prevedono lo spostamento all’estero di risorse e investimenti) e di profilazione di fenomeni ad alta pericolosità fiscale.

Mentre un’altra fonte d’innesco è rappresentata dallo scambio dati , anche grazie all’area sempre più estesa del common reporting standard (Crs) ossia il meccanismo di il sistema di condivisione automatica dei dati a carattere finanziario dei contribuenti.

Rimanendo sempre sul fronte della fiscalità internazionale hanno giocato un ruolo importante gli accordi sui prezzi di trasferimento, i cosiddetti «Apa» (Advanced pricing agreement, unilaterali o bilaterali) e le procedure amichevoli per l’eliminazione della doppia imposizione (Mutual agreement procedure o Map). Le istanze sugli Apa presentate nel 2015 sono state 109 e gli accordi conclusi 23, mentre nel 2018 l’Agenzia ha ricevuto 156 istanze e ha concluso 45 accordi.

Per le Map, le Entrate hanno ereditato dal dipartimento delle Finanze il compito di sottoscrivere gli accordi con le amministrazioni estere contro le doppie imposizioni. Nel 2016 l’Agenzia ha discusso 22 casi e sottoscritto 14 accordi. Lo scorso anno sono state presentate direttamente 189 istanze di Map e sono stati discussi 153 casi con 85 accordi accordi.

GLI ACCORDI SU TRANSFER PRICING E CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI
 
 
 
 
Fonte: Il Sole 24 Ore

La fattura elettronica supera il primo esame

 

Sono stati già inviati 30 milioni di documenti e gli scarti sono scesi al 5,6%. Tra gli errori più frequenti file non xml (il 36% del totale) e duplicazione di invii. In esclusiva i dati dell’Agenzia delle entrate

 

 

Le prime due settimane della fattura elettronica chiudono con oltre 30 milioni di documenti inviati, una media di più di due milioni di invii al giorno, e una percentuale di scarto in discesa rispetto al dato fornito dal ministro dell'economia Giovanni Tria in Parlamento: 5,66% contro l'8% dei primi giorni. Lo evidenzia il primo monitoraggio compiuto dall'Agenzia delle entrate sull'adempimento che dal 1° gennaio vede l'obbligo di emissione della e-fattura tra partite Iva private. Tra gli errori più comuni che generano gli scarti al primo posto, secondo i numeri che ItaliaOggi è in grado di anticipare, ci sono i file non conformi alle specifiche tecniche date dall'Agenzia. Il 36% dei documenti arriva in formato non Xml, mentre il 26% dello scarto ha ragion d'essere nella fattura duplicata (si veda la tabella in pagina). In sostanza, chi dubita di aver fatto bene il primo invio lo rimanda uguale, generando così lo scarto. C'è poi l'errore del codice fiscale o della partita Iva non valida, che riguardano il 6% dei casi. Quest'errore, però consente all'Agenzia delle entrate, nei cinque giorni deputati a fornire la risposta, di avvisare l'utente, mentre in passato con il meccanismo cartaceo era più difficile riscontrare l'errore e correggere il documento. Infine il 17% dei casi presenta voci residuali, ognuna un piccolo caso a sé. Sono, poi, 583.200 gli operatori che hanno inoltrato allo Sdi (sistema di interscambio) dell'Agenzia delle entrate i documenti elettronici. All'Agenzia in queste prime due settimane del 2019 sono pervenute richieste di generazioni QR CODE pari a 2.570.494 e registrazioni di indirizzo telematico pari a 2.808.949.

I rilievi dell'Anc

I numeri in sostanza dimostrano un andamento costante e fronte di un miglioramento della qualità dell'adempimento. L'Agenzia delle entrate procede allontanando il rischio, almeno per il momento, di un blocco generalizzato del sistema (temuto dopo l'esperienza spesometro dello scorso anno). Anche se non si placano le proteste dell'Anc (l'Associazione nazionale dei commercialisti) che ieri ha inviato una lettera al ministro dell'economia Giovanni Tria per evidenziare ancora una volta «rallentamenti, blocchi, assistenza inadeguata se non inesistente, un percorso ad ostacoli», scrive il presidente dell'Anc, Marco Cuchel, «che sta producendo i suoi effetti negativi sull'attività di molte imprese, penalizzando in particolare quelle più piccole, senza però risparmiare le realtà più strutturate». Uno snodo temporale importante per la tenuta del sistema è quello rappresentato da fine mese e dal 16 febbraio. Come ItaliaOggi ha avuto modo di raccontare, moltissime imprese e professionisti hanno inteso la moratoria delle sanzioni fino a giugno/settembre (a seconda dell'invio mensile o trimestrale) come una proroga di fatto, aggirando l'obbligo della trasmissione con un anticipo di copia di cortesia cartacea e trasmissione in tempi diversificati al sistema dell'Agenzia delle entrate.

 

I chiarimenti di Assosoftware

Intanto ieri Assosoftware, l'associazione delle case produttrici di software, ha inviato una nota tecnica agli iscritti in cui anticipa dei chiarimenti di prassi su alcuni punti che hanno generato dubbi tra gli operatori. Sulla data emissione/ricezione della fattura, Assosoftware precisa ad esempio che si mantengono «per il primo semestre, le preesistenti modalità di emissione/annotazione della fattura attiva». In altri termini:

 

  • la data di emissione della fattura (data che compare sul documento) coincide con la data di effettuazione dell'operazione (in riferimento alle fatture immediate);

     

  • la fattura deve essere trasmessa entro il termine di liquidazione del periodo di emissione (16 del mese successivo per i mensili e 16 del secondo mese successivo per i trimestrali);

     

  • l'annotazione della fattura sul registro Iva può essere effettuata in una qualsiasi data compresa tra la data di emissione e il giorno 15 del mese successivo, con riferimento al mese di effettuazione dell'operazione.

    Per quanto riguarda, invece il rapporto tra fatture e tessera sanitaria Assosoftware chiarisce ai suoi iscritti che «tutte le fatture trasmesse al sistema TS (comprese quelle con tipologia spesa AA) verranno escluse dalla fatturazione elettronica; tutte le fatture non trasmesse al sistema TS a seguito dell'opposizione espressa dal paziente, verranno escluse dalla fatturazione elettronica».

    Assosoftware suggerisce inoltre a tutti gli operatori che, per prassi, emettevano fatture miste, contenenti cioè sia righe di spese che venivano trasmesse al sistema TS, sia righe che non venivano trasmesse al sistema TS (in quanto non rilevanti, o per le quali vi era l'opposizione del paziente), «di procedere, a decorrere dal 2019, con la fatturazione separata di tali spese».

 

 

 

Fonte: ItaliaOggi

Reddito di cittadinanza: meglio o peggio del Rei?

Requisiti per il reddito di cittadinanza e il reddito d’inclusione Rei: condizioni per ottenere e mantenere i sussidi a confronto.

 

Da sussidio “universale”, che avrebbe dovuto riguardare la totalità dei cittadini con reddito sotto i 780 euro mensili, a beneficio per pochi, sottoposto a numerose condizioni: è questa la “fotografia” del reddito di cittadinanza, in base a quanto emerge dalla normativa in materia.

Nell’ultima bozza del decreto-legge su reddito e cittadinanza e pensioni, difatti, sono elencati parecchi requisiti da rispettare ed adempimenti da effettuare, sia per ottenere il reddito di cittadinanza che per mantenerlo.

 

In particolare, oltre a soddisfare i requisiti reddituali e patrimoniali per il diritto al sussidio, il cittadino, assieme a tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare, è tenuto a dichiarare l’immediata disponibilità al lavoro e l’adesione ad un percorso personalizzato di inserimento e d’inclusione sociale: il percorso prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, assieme ad altri impegni finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

Anche per il diritto al Rei è previsto il rispetto di un patto, il progetto di servizio, ma le attività del progetto risultano più “leggere” e le verifiche meno articolate. Inoltre, nella maggior parte dei territori non è stato ancora possibile attivare questi programmi: in pratica, al momento gli interessati ottengono il Rei senza dover rispettare le misure di condizionalità.

Bisogna poi considerare che le sanzioni, per chi non rispetta gli adempimenti previsti per il diritto al reddito di cittadinanza, sono severissime: è addirittura prevista la reclusione sino a 6 anni per chi non comunica le variazioni di reddito o è “pizzicato” a lavorare in nero.

Ma procediamo per ordine e facciamo il punto sul reddito di cittadinanza: meglio o peggio del Rei?

Indice

  • 1 Che cos'è il Rei?
  • 2 Quali sono i requisiti per ottenere il Rei?
  • 3 Quali sono i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza?
  • 4 Quali sono i requisiti per mantenere il Rei?
  • 5 Chi non rispetta il progetto di servizio perde il Rei?
  • 6 Quali sono i requisiti per mantenere il reddito di cittadinanza?
  • 7 Quando l'offerta di lavoro è congrua?
  • 8 Quando si perde il reddito di cittadinanza?
  • 9 Sanzioni per mancata partecipazione alle attività previste.

Che cos'è il Rei?

Il Rei è un sussidio, a favore dei nuclei familiari più poveri, che va da 187 a 540 euro mensili, a seconda dei componenti del nucleo familiare e del reddito posseduto.

Il reddito mensile è riconosciuto attraverso una carta acquisti, la carta Rei: come la vecchia Social Card, la carta Rei è emessa da Poste Italiane, consente l’acquisto dei generi di prima necessità e il pagamento delle utenze domestiche. Inoltre, offre la possibilità di prelevare contanti sino alla metà dell’importo mensile riconosciuto e dà diritto a degli sconti sugli acquisti nei negozi e nelle farmacie convenzionate e a delle riduzioni delle bollette di energia elettrica e gas.

Il Rei spetta alle famiglie più bisognose, ma può essere riconosciuto soltanto se i membri della famiglia aderiscono a un programma d’inclusione sociale e lavorativa.

Quali sono i requisiti per ottenere il Rei?

Il Rei spetta alle famiglie:

  • il cui indice Isee, cioè l’indicatore della situazione economica della famiglia (si tratta, in parole semplici, di un indice che “misura la ricchezza” della famiglia), non supera 6mila euro; può essere utilizzato anche l’Isee corrente;
  • il cui indicatore Isre non supera i 3mila euro; si tratta dell’indicatore della situazione reddituale (Isr) presente nell’attestazione Isee, diviso per il parametro della scala di equivalenza Isee ai fini Rei;
  • con un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro;
  • con un patrimonio mobiliare massimo tra i 6mila e i 10mila euro a seconda del numero dei componenti del nucleo;
  •  
    • trovarsi in stato di disoccupazione o risultare inoccupati (cioè evr perso il posto o non aver mai lavorato); chi ha presentato le dimissioni è escluso dal reddito per un anno, così come chi è detenuto o ricoverato in una struttura a carico dello Stato;senza imbarcazioni da diporto o navi;
    • Chi richiede il Rei deve essere:
    •  
      • cittadino italiano;
      • in alternativa, cittadino dell’Unione Europea, o suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, oppure cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno europeo per soggiornanti di lungo periodo o apolide in possesso di analogo permesso o titolare di protezione internazionale (asilo politico, protezione sussidiaria);
      • deve poi risiedere in Italia, in via continuativa, da almeno 2 anni al momento di presentazione della domanda.

      Quali sono i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza?

       

      Ecco invece quali sono i requisiti richiesti per ottenere il reddito di cittadinanza:

    • trovarsi in stato di disoccupazione o risultare inoccupati (cioè evr perso il posto o non aver mai lavorato); chi ha presentato le dimissioni è escluso dal reddito per un anno, così come chi è detenuto o ricoverato in una struttura a carico dello Stato;
    • essere cittadino italiano;

    • in alternativa, cittadino dell’Unione Europea, o suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, oppure cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno europeo per soggiornanti di lungo periodo o apolide in possesso di analogo permesso o titolare di protezione internazionale (asilo politico, protezione sussidiaria);
    • deve poi risiedere in Italia, in via continuativa, da almeno 10 anni al momento di presentazione della domanda.
        • deve percepire un reddito inferiore alla soglia di povertà, cioè sotto i 780 euro mensili;
        • deve possedere un Isee del nucleo familiare inferiore a 9.360 euro;
        • possiedono un valore del reddito familiare inferiore a 6 mila euro, per il singolo componente, o a 7.560 euro, in caso di pensione di cittadinanza; l’importo è elevato sino a 9.360 euro per chi paga l’affitto ed è da adeguare col parametro della scala di equivalenza;
        • possiedono al massimo due immobili nel nucleo familiare, ma il secondo immobile non deve avere un valore superiore a 30mila euro;
        • possiedono un patrimonio mobiliare familiare (conti, carte prepagate, titoli, libretti, partecipazioni…) non superiore a 6mila euro; la soglia è incrementata di 2mila euro per ogni componente del nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10 mila euro, incrementati di ulteriori mille euro per ogni figlio successivo al secondo; i massimali sono ulteriormente incrementati di 5mila euro per ogni componente con disabilità, come definita a fini Isee, presente nel nucleo;
        • nessun componente del nucleo deve possedere autoveicoli immatricolati da meno di 6 mesi, o con cilindrata superiore a 1.600 cc e motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati nei 2 anni precedenti, navi o imbarcazioni da diporto; sono esclusi i veicoli per disabili.

      In base a quanto esposto nel decreto, dunque, alcune condizioni per ottenere il reddito di cittadinanza sono più severe rispetto a quelle previste per il Rei, come la residenza stabile in Italia per 10 anni anziché 2; altre condizioni sono più leggere, come il valore massimo del patrimonio immobiliare pari a 30mila euro anziché 20mila.

      Il valore del reddito familiare, parametro previsto per il reddito di cittadinanza, non è previsto nel Rei, ma in compenso quest’ultimo sussidio è subordinato al rispetto di un indicatore della situazione reddituale, l’Isre, pari a 3mila euro.

      Quali sono i requisiti per mantenere il Rei?

      Per mantenere il Rei l’intera famiglia deve partecipare a un programma di inclusione attiva: deve, cioè, aderire a un progetto che prevede la formazione, la riqualificazione e la ricerca attiva di lavoro di tutti i componenti del nucleo; è previsto un sostegno particolare, se ci sono componenti del nucleo con gravi problemi di salute.

      Nel dettaglio:

          • se nella famiglia l’unico problema è la mancanza di lavoro, i componenti in grado di trovare un impiego devono sottoscrivere il patto di servizio presso il centro per l’impiego;
          • se nella famiglia, oltre al lavoro, ci sono problemi diversi, la famiglia deve sottoscrivere un progetto di servizio personalizzato;
          • se nella famiglia, oltre al lavoro, ci sono problemi gravi, la famiglia deve sottoscrivere un progetto di servizio complesso;
          • per le famiglie con gravissime problematiche (tossicodipendenze, gravi disabilità), è prevista la presa in carico specialistica da parte dei servizi pubblici competenti.In pratica, i servizi preposti, dopo aver analizzato la situazione della famiglia bisognosa:
            • realizzano un progetto personalizzato per il nucleo e valutano i sostegni di cui la famiglia ha bisogno;
            • fanno firmare il patto di servizio, oppure il programma di ricerca intensiva di occupazione ai componenti interessati (i beneficiari del Rei possono aver diritto anche all’assegno di ricollocazione) se emerge che la situazione di povertà è dovuta alla sola mancanza di lavoro;
            • fanno sottoscrivere alla famiglia un progetto di servizio, più o meno complesso, negli altri casi.

            Firmando il progetto di servizio, tutti i membri della famiglia beneficiaria del Rei si impegnano a svolgere determinate attività, come cercare attivamente lavoro, accettare le offerte di lavoro congrue, assicurare la frequenza e l’impegno scolastico (se minori di 18 anni) e mettere in atto comportamenti di prevenzione e cura volti alla tutela della salute.

            In caso di ripetuti comportamenti inconciliabili con gli obiettivi del progetto da parte dei componenti della famiglia beneficiaria, il Rei può essere ridotto o revocato.

            Chi non rispetta il progetto di servizio perde il Rei?

            Il Rei può essere decurtato in misura pari a un quarto di mensilità, una mensilità oppure essere addirittura revocato per ripetute violazioni del progetto familiare (questo può accadere anche se un solo componente della famiglia viola il patto).

            Nei casi di decadenza, il Rei può essere richiesto nuovamente trascorsi almeno 6 mesi.

            Quali sono i requisiti per mantenere il reddito di cittadinanza?

            Per ottenere il sussidio, i componenti del nucleo familiare maggiorenni devono dichiarare l’immediata disponibilità al lavoro, presso i centri per l’impiego o tramite un’apposita piattaforma digitale, entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio.

            Oltre alla disponibilità al lavoro, deve essere dichiarata la disponibilità all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Il progetto prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti per l’inserimento nel mercato del lavoro e l’inclusione sociale.

            Sono esonerati i componenti del nucleo studenti, disabili, con carichi di cura, già occupati o di età pari o superiore a 65 anni.

            Il richiedente, se non rientra tra gli esonerati, entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, è convocato dal centro per l’impiego se uno dei componenti della sua famiglia:

          • è disoccupato da non più di due anni;
          • ha un’età inferiore ai 26 anni;
          • è beneficiario della Naspi, di un altro sussidio di disoccupazione, o ne ha terminato la fruizione da non più di un anno;
          • ha sottoscritto un Patto di servizio in corso di validità presso i centri per l’impiego.

      La dichiarazione di immediata disponibilità deve essere resa anche dagli altri componenti non esonerati del nucleo, entro i 30 giorni successivi al primo incontro del richiedente o del suo sostituto.

      I beneficiari del reddito di cittadinanza non esonerati dagli obblighi devono stipulare, presso un centro per l’impiego o un intermediario accreditato, un Patto per il lavoro, che ha le stesse caratteristiche del patto di servizio personalizzato previsto per chi richiede l’indennità di disoccupazione.

      Sottoscrivendo il patto per il lavoro ci si obbliga a:

          • collaborare con l’operatore addetto alla redazione del bilancio delle competenze, ai fini della definizione del patto per il lavoro;
          • accettare espressamente gli obblighi e rispettare gli impegni previsti nel patto per il lavoro e, in particolare:
            • registrarsi sull’apposita piattaforma digitale, e consultarla quotidianamente come supporto nella ricerca del lavoro;
            • svolgere attività di ricerca attiva di lavoro, secondo le modalità definite nel patto;
            • accettare di essere avviato ai corsi di formazione o riqualificazione professionale, o ai progetti per favorire l’auto-imprenditorialità, secondo le modalità individuate nel patto, tenuto conto del bilancio delle competenze, delle inclinazioni professionali o di eventuali specifiche propensioni;
            • sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione, su indicazione dei servizi competenti e in attinenza alle competenze certificate;
            • accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue; in caso di fruizione del beneficio da oltre 12 mesi o di rinnovo, deve essere accettata, a pena di decadenza dal beneficio, la prima offerta utile di lavoro congrua;
            • offrire la propria disponibilità per la partecipazione a progetti comunali utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il comune di residenza, mettendo a disposizione un massimo di 8 ore alla settimana.Nel caso in cui la famiglia affronti problematiche complesse, non legate soltanto alla mancanza di lavoro, i beneficiari devono sottoscrivere un Patto per l’Inclusione Sociale, che coinvolge i centri per l’impiego, i servizi sociali e gli altri servizi territoriali competenti.

              Quando l’offerta di lavoro è congrua?

              Ai fini del reddito di cittadinanza, un’offerta di lavoro si considera congrua:

                • nei primi 6 mesi di fruizione del sussidio, indipendentemente dalla composizione del nucleo familiare, se la sede di lavoro si trova entro 100 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario;
                • oltre i primi 6 mesi di fruizione del sussidio, indipendentemente dalla composizione del nucleo familiare, se la sede di lavoro si trova entro 250 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario;
                • in caso di rinnovo del sussidio, o di fruizione da almeno 12 mesi, esclusivamente nel caso in cui nel nucleo familiare non siano presenti componenti di minore età o disabili, ovunque nel territorio italiano; in questo caso, il beneficiario continua a percepire il reddito di cittadinanza per altri 3 mesi, a titolo di compensazione per le spese di trasferimento sostenute.

                  Quando si perde il reddito di cittadinanza?

                  È molto facile decadere dal reddito di cittadinanza: per chi utilizza documenti falsi, omette informazioni obbligatorie o non dichiara le variazioni di reddito è prevista addirittura la reclusione, assieme alla perdita del sussidio per 10 anni.

                  Nel dettaglio, se per ottenere o mantenere il beneficio sono utilizzati o presentati dichiarazioni e documenti falsi o attestanti cose non vere, o si omettono informazioni dovute, chi consegue indebitamente il sussidio è punito:

                  • con la reclusione da 2 a 6 anni;
                  • con la revoca retroattiva del beneficio;
                  • con l’impossibilità di chiedere il sussidio prima che siano decorsi 10 anni dalla condanna.

                  Le sanzioni sono le stesse per chi non comunica la variazione del reddito: la variazione del reddito è presunta nel caso in cui sia accertato che l’interessato lavora in nero o “in grigio”, cioè che ha un rapporto di lavoro non dichiarato o un finto part time.

                  Si decade dal reddito di cittadinanza anche quando uno dei componenti del nucleo familiare:

                • non sottoscrive il patto per il lavoro o il patto per l’inclusione sociale, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero;
                • non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, o ad altre iniziative di politica attiva o di attivazione;
                • non lavora gratuitamente nell’ambito dei progetti comunali, se istituiti;
                • rifiuta un’offerta di lavoro congrua, dopo averne già rifiutate due;
                • rifiuta un’offerta congrua dopo il dodicesimo mese di fruizione del beneficio;
                • non effettua le comunicazioni obbligatorie, o effettua comunicazioni mendaci producendo un beneficio economico del reddito di cittadinanza maggiore;
                • non presenta una dichiarazione Isee aggiornata, in caso di variazione del nucleo familiare;
                • rende una dichiarazione mendace (anche nella dichiarazione Isee).

              Sanzioni per mancata partecipazione alle attività previste

              Se gli interessati non si presentano alle convocazioni disposte nel patto è prevista:

                • la decurtazione di una mensilità del sussidio, in caso di prima mancata presentazione;
                • la decurtazione due mensilità alla seconda mancata presentazione;
                • la decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.Nel caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento, da parte anche di un solo componente del nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni: 
                  • la decurtazione di due mensilità, in caso di prima mancata presentazione;
                  • la decadenza dalla prestazione in caso di ulteriore mancata presentazione.

                  In caso di mancato rispetto degli impegni previsti nel Patto per l’inclusione sociale relativi alla frequenza dei corsi di istruzione o di formazione da parte di un componente minorenne, o degli impegni di prevenzione e cura volti alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari, si applicano le seguenti sanzioni:

                  • la decurtazione di due mensilità dopo un primo richiamo formale al rispetto degli impegni;
                  • la decurtazione di tre mensilità al secondo richiamo formale;
                  • la decurtazione di sei mensilità al terzo richiamo formale;
                  • la decadenza dal beneficio in caso di ulteriore richiamo.

                  L’Inps si occupa di irrogare le sanzioni diverse da quelle penali e del recupero dell’indebito: le informazioni sulle violazioni sono trasmesse all’istituto dai centri per l’impiego e dai comuni.

                  In caso di decadenza dal beneficio, il reddito di cittadinanza può essere richiesto dal richiedente o da un altro componente della famiglia solo decorsi 18 mesi dalla data del provvedimento di decadenza. Nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilità, il termine è ridotto a sei mesi.

               

 

 

 

 Fonte: La Legge per Tutti

14 Gennaio 2019