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Ticket licenziamento 2021: che cos'è e come funziona?

TICKET LICENZIAMENTO: SE IL RECESSO E' CAUSATO DAL LAVORATORE E' LUI A  RIMBORSARLO | La Voce Trasporti & Diritti

 

Ticket licenziamento 2021: che cos'è e come funziona? Il datore di lavoro che interrompe un rapporto a tempo indeterminato che dà diritto alla NASPI deve versare all'INPS un contributo pari a 503,3 euro per ogni anno di lavoro, fino ad un massimo di 3 anni. Ma ci sono dei casi in cui questo obbligo sussiste anche quando non ci sono le condizioni per ottenere la disoccupazione. Facciamo il punto su come funziona.

Ticket licenziamento 2021 e contributo NASPI: quanto costa al datore di lavoro interrompere un rapporto a tempo indeterminato?

In linea generale, chi licenzia un dipendente in possesso dei requisiti per ottenere l’assegno di disoccupazione deve versare un contributo che finanzi tale prestazione.

Per il 2021 quest’importo è pari a 503,3 euro moltiplicato per gli anni di anzianità presso la stessa azienda, per un massimo di tre anni.

Questo importo è stabilito in base all’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012 e corrispode al 41 per cento alla retribuzione media mensile su cui si alcola l’Indennità NASPI che, nel 2021, ammonta a 1227,55 euro.

 

Tuttavia, vi sono dei casi in cui, anche senza che il lavoratore abbia diritto effettivo alla NASPI, il datore di lavoro deve corrispondere il Ticket di licenziamento. Quando, stabilisce la legge, al momento dell’interruzione del rapporto il dipendente abbia maturato i requisiti pensionistici o sia destinatario dell’Assegno di invalidità.

Di seguito tutte le informazioni su che cos’è e come funziona il Ticket licenziamento 2021.

Ticket licenziamento 2021: a chi spetta il contributo NASPI

Il datore di lavoro deve corrispondere il Ticket di licenziamento tutte le volte che interrompe unilaterlmente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

In particolare, questo contributo è dovuto in caso di recesso da un rapporto che determina un diritto alla NASPI, ossia nei casi di licenziamento:

Ci sono, poi, ipotesi in cui l’obbligo di versamento del ticket prescinde da un recesso unilaterale del datore di lavoro. Si tratta dei casi di:

  • dimissioni per giusta causa;
  • dimissioni nel periodo tutelato per maternità;
  • risoluzione consensuale a seguito della conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro nei casi in cui il datore voglia licenziare per giustificato motivo oggettivo;
  • risoluzione consensuale del rapporto a seguito del rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra unità produttiva distante oltre 50 km dalla sua residenza o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico;
  • mancata trasformazione dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato.

A queste ipotesi, si aggiunge anche il caso della risoluzione del rapporto di lavoro in base ai tagli legati alla stipula dei contratti di espansione dal momento che i lavoratori fuoriusciti hanno anch’essi diritto all’Indennità NASPI.

Ticket licenziamento 2021: quando è dovuto anche senza diritto alla NASPI

Così come riportato dalla circolare INPS n. 40 del 19 marzo 2020, ci sono dei casi in cui, anche senza che vi siano le condizioni per accedere alla NASPI, il ticket di licenziamento è ugualmente dovuto dal datore di lavoro.

Si tratta, innanzitutto, dell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro di lavoratori che hanno maturato i requisiti per scivoli pensionistici quali opzione donnaquota 100 e quota 41 per i lavoratori precoci che, in teoria, una volta licenziati non potrebbero accedere al trattamento di disoccupazione.

In questi casi, dal momento che l’accesso alla pensione comporta il perfezionamento del diritto all’assegno pensionistico solo con decorrenza successiva (come con il sistema delle cosiddette “finestre mobili”), è possibile fruire nel periodo transitorio dell’indennità di disoccupazione e, pertanto, il datore di lavoro deve corrispondere il ticket.

Trattandosi poi di diritto “teorico”, il versamento del contributo è dovuto a prescindere dall’effettiva richiesta della NASPI da parte del lavoratore.

L’obbligo del ticket di licenziamento, poi, sussiste anche per i titolari dell’Assegno ordinario di invalidità, così come chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 234/2011. La Consulta ha stabilito il diritto di opzione tra il mantenimento dell’assegno ordinario di invalidità e l’erogazione dei trattamenti di disoccupazione.

Perciò, potendo il lavoratore decidere per la disoccupazione al posto dell’assegno, l’interruzione del rapporto di lavoro comporta sempre l’obbligo contributivo del ticket di licenziamento.

Ticket licenziamento 2021: quando non è dovuto

Dal momento che la regola generale vuole che il ticket di licenziamento sia erogato quando è il datore di lavoro a recedere dal contratto, salvo le eccezioni sopracitate, il contributo non è mai dovuto nei seguenti casi:

Ticket licenziamento 2021: a quanto ammonta il contributo NASPI

Il ticket di licenziamento 2021 è di importo pari a 503,30 euro, moltiplicato per il numero degli anni del rapporto di lavoro fino ad un massimo di 3 annualità.

I criteri di calcolo del contributo sono definiti dall’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012. La norma stabilisce che il contributo è pari al “41 per cento del massimale mensile di ASpI (oggi NASpI) per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”.

Il riferimento va inteso come un richiamo alla somma limite della retribuzione media mensile che, per 2021, è pari a 1227,55 euro.

In altre parole, il datore di lavoro che licenzia dopo un anno dovrà corrispondere 503,3 euro di contributo NASPI, quello che licenzia dopo due 1.006,6 euro e, infine, quello che licenzia dopo tre o più anni di servizio 1.509,9 euro.

Il contributo è quindi scollegato dall’importo della prestazione individuale e della retribuzione individuale ed è lo stesso, in misura identica, a prescindere dalla tipologia di lavoro, che esso sia part-time o full-time.

Tale prestazione è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere sempre versata in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro (il giorno 16 di ciascun mese).

Ticket licenziamento 2021: come si calcola l’anzianità lavorativa

L’importo del contributo NASPI è calcolato in base all’anzianità lavorativa del lavoratore cessato, ossia agli anni in cui ha lavorato nella stessa azienda senza interruzioni.

La circolare INPS n. 44/2013 ha fornito chiarimenti prorpio in merito al computo dell’anzianità lavorativa del lavoratore.

In questo senso, quando la prestazione lavorativa è stata inferiore all’annualità, ossia minore dei 12 mesi, il contributo deve essere calcolato su base mensile in considerazione agli effettivi mesi di lavoro.

In questo calcolo si considera mese intero quello in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario.

Nel computo dell’anzianità aziendale non si tiene conto dei periodi di congedo di maternità né dei periodi di aspettativa non retribuita.

Ticket licenziamento 2021: l’ipotesi del licenzimaneto collettivo

In ipotesi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza di personale, ossia la decisione di licenziare il personale in esubero, non sia stata oggetto di accordo con le organizzazioni sindacali, il contributo dovuto dal datore di lavoro deve essere moltiplicato per tre volte.

Lo stabilisce l’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012 con decorrenza dal 1° gennaio 2017 in poi.

E, ancora, nel caso di licenziamento collettivo effettuato da aziende rientranti in area CIGS la misura del ticket licenziamento è maggiorata ed è pari all’82 per cento (non più 41) del trattamento massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale entro un limite massimo di tre anni.

Anche in questo caso, se la dichiarazione di eccedenza di personale non è oggetto di accordo con le organizzazioni sindacali, il contributo dovuto dal datore di lavoro deve essere moltiplicato per tre volte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DATA DI PUBLICAZIONE 17/09/2021

FONTE: INFORMAZIONE FISCALE

 

 

Consulenti del Lavoro, al via le domande per richiedere l’esonero dal versamento dei contributi

Esonero contributi autonomi anche per chi cessa attività: i chiarimenti del  governo -

 

Consulenti del Lavoro, al via le domande per richiedere l’esonero dal versamento dei contributi in favore degli iscritti all’ENPACL (l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Consulenti del Lavoro).

La procedura è disponibile dal 15 settembre al 31 ottobre 2021 e permetterà a tutti i professionisti ammessi al beneficio di ottenere uno sconto, nel limite massimo di 3.000 euro su base annua, sulla contribuzione dovuta per tutto il 2021.

Si ricorda, tra l’altro, che la misura effettiva dell’esonero per i Consulenti del Lavoro non è ancora stata determinata, in attesa che venga emanato il provvedimento che distribuisca alle Casse private le risorse stanziate con l’ultima Legge di Bilancio per l’esonero dei contributi per autonomi e titolari di partite IVA (2,5 miliardi per il 2021).

 

Di seguito i requisiti per ottenere l’agevolazione e le istruzioni su come fare domanda.

Consulenti del Lavoro, per l’esonero dei contributi al via la domanda dal 15 settembre

I Consulenti del Lavoro iscritti all’ENPACL possono, dal 15 settembre 2021, presentare domanda di esonero dai contributi con l’apposita procedura online resa disponibile dall’Ente di previdenza fino alla scadenza del 31 ottobre 2021.

Possono fare richiesta anche coloro che si sono cancellati dall’Albo professionale nel 2021 ma, al contrario, restano esclusi i professionisti che si sono iscritti nel corso dell’anno 2021.

Così come disposto dal Decreto interministeriale del 17 maggio, pubblicato il 27 luglio 2021 che regola il beneficio per tutti i professionisti, hanno diritto all’esonero i Consulenti del Lavoro iscritti all’ENPACL che presentano contemporaneamente i seguenti requisiti:

  • aver percepito per il periodo di imposta 2019 un reddito derivante dall’attività di Consulente del Lavoro non superiore a 50.000 euro. Sono esclusi dall’agevolazione coloro che nel 2019 non hanno conseguito né un reddito professionale né un fatturato;
  • aver subito un calo del fatturato o dei corrispettivi nell’anno 2020 non inferiore al 33 per cento rispetto a quelli dell’anno 2019. Il requisito non deve essere rispettato da chi ha avviato nel corso dell’anno 2020 l’attività di Consulente del Lavoro;
  • non essere titolari di contratto di lavoro subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro pubblico o privato, tranne nel caso si tratti di un contratto di lavoro intermittente, senza diritto all’indennità di disponibilità;
  • non essere titolari di pensione diretta (vecchiaia, vecchiaia anticipata), a prescindere dalla misura della pensione. Sono invece titolari del diritto i pensionati di invalidità;
  • essere in regola con il versamento della contribuzione previdenziale obbligatoria. Si ritiene in regola anche l’iscritto che ha in corso il versamento a rate della contribuzione pregressa.

 

Esonero contributi per i Consulenti del Lavoro: come fare domanda

 

Le domande di esonero devono essere trasmesse online dal 15 settembre al 31 ottobre 2021 attraverso l’area riservata dell’ENPACL.

Fino al 30 settembre 2021 l’accesso ai servizi sarà ancora possibile tramite le vecchie credenziali, ID e password, ma successivamente si potranno utilizzare solo i seguenti strumenti:

  • il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID);
  • la Carta di Identità Elettronica (CIE);

Infine, si precisa che il tetto massimo dell’esonero è stato fissato a 3.000 euro annui ma la percentuale effettivamente spettante, in ogni caso legata al rispetto del limite di spesa, potrebbe anche essere riparametrata in caso di superamento del plafond disponibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DATA DI PUBLICAZIONE 16/09/2021

FONTE: INFORMAZIONE FISCALE

 

 

 

 

 

Di seguito la guida ad adempimenti e requisiti per beneficiarne.

Bonus casa, agevolazioni fiscali e informazioni utili | Confcommercio

Bonus prima casa 2021, facciamo il punto sulle agevolazioni fiscali riconosciute a chi compra. Anche alla luce delle ultime novità per i giovani under 36.

Bonus prima casa 2021: di seguito tutte le informazioni utili per accedere alle agevolazioni fiscali.

La normativa tributaria agevola l’acquisto della prima casa e, per effetto delle novità introdotte dal decreto Sostegni bis, una corsia privilegiata è prevista per i giovani di età inferiore ai 36 anni.

Ed è anche alla luce delle novità introdotte che è bene capire come funziona il bonus prima casa 2021, che consiste in una riduzione delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e dell’IVA, ove applicata.

Non cambiano i requisiti per accedervi nel 2021, così come gli adempimenti connessi.

 

Per i giovani di età non superiore a 35 anni, fino al 30 giugno 2022 non si applicano l’imposta di registro, ipotecaria e catastale per l’acquisto della prima casa e, per le vendite soggette ad IVA, è inoltre previsto un credito d’imposta pari all’imposta versata. L’agevolazione spetta in caso di ISEE non superiore a 40.000 euro.

Per accedere alle agevolazioni sull’acquisto della prima casa è inoltre necessario rispettare determinati requisiti, che vanno dai tempi per il trasferimento della residenza fino alla tipologia di abitazione acquistata.

Ai fini dell’accesso al bonus prima casa non è necessario presentare domanda all’Agenzia delle Entrate. Sarà in sede di acquisto del bene che il contribuente potrà dichiarare di possedere i requisiti per l’accesso alle agevolazioni fiscali e beneficiare della riduzione delle imposte dovute.

Scendiamo quindi nel dettaglio e vediamo punto per punto come funziona e chi può accedere al bonus prima casa 2021, analizzando requisiti e regole per beneficiare della riduzione delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e dell’IVA.

Bonus prima casa, come funziona? Le agevolazioni fiscali

Per spiegare come funziona il bonus prima casa 2021 vediamo subito quali sono le agevolazioni fiscali riconosciute:

  • Riduzione dell’Iva dal 10% al 4%: è rivolta ai contribuenti che acquistano casa direttamente dall’impresa costruttrice, pagando in misura fissa 200 euro per imposta ipotecaria e catastale;
  • Acquisti per successioni o donazioni: si applicano imposta ipotecaria e catastale in misura fissa, ovvero 200 euro;
  • Imposta di registro al 2%: per gli acquisti da privati è prevista la riduzione dell’imposta di registro. In base a quanto stabilito, il bonus prima casa per acquisti da privati permetterà di pagare l’imposta in oggetto sul valore catastale dell’immobile, sulla base del principio prezzo/valore. Imposta catastale e ipotecaria ammontano in questo caso a 50 euro;
  • Credito d’imposta: il bonus prima casa per i soggetti che vendono e riacquistano casa entro 12 mesi usufruendo delle agevolazioni prevede la possibilità di sottrarre l’imposta da pagare con quella già pagata per l’acquisto della precedente abitazione. Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello numero 44 del 18 gennaio 2021, nel caso di mancato utilizzo di tutto il credito d’imposta spettante, non è possibile beneficiarne per ridurre le imposte di registro e ipocatastali, per un secondo atto di acquisto. Può tuttavia essere utilizzato in compensazione o in dichiarazione dei redditi per ridurre l’Irpef.

Bonus prima casa 2021: schema riepilogativo delle agevolazioni previste

VENDITORE IMPOSTE DOVUTE Importo
PRIVATO o IMPRESA (con vendita esente da Iva) REGISTRO 2% (con un minimo di 1.000 euro)
  IPOTECARIA 50 euro
  CATASTALE 50 euro
IMPRESA (con vendita soggetta a Iva) IVA 4%
  REGISTRO 200 euro
  IPOTECARIA 200 euro
  CATASTALE 200 euro

Accanto alla riduzione delle imposte dovute, chi acquista un’abitazione può accedere, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi:

  • alla detrazione Irpef del 19% e fino a 1.000 euro per le spese di intermediazione immobiliare;
  • alla detrazione degli interessi passivi sul mutuo.

Requisiti bonus prima casa 2021: chi può accedere alle agevolazioni fiscali

Per poter richiedere il bonus prima casa nel 2021 sarà necessario rispettare i seguenti requisiti:

  • non possedere abitazioni in tutto il territorio nazionale per i quali si è fruito delle agevolazioni, oppure venderle entro 1 anno;
  • non essere proprietario di abitazione nello stesso Comune in cui si richiedono le agevolazioni per l’acquisto della prima casa;
  • essere residente nel Comune in cui si acquista casa o stabilirvi la residenza in 18 mesi dall’acquisto agevolato, ovvero dimostrare che la propria sede di lavoro è situata nel suddetto Comune;
  • non essere titolare di diritto d’uso, usufrutto o abitazione di altro immobile nello stesso Comune in cui si richiede l’agevolazione sull’acquisto della prima casa.

Bonus prima casa giovani 2021: come funziona per gli under 36

Il decreto Sostegni bis ha introdotto un nuovo e più conveniente bonus prima casa, rivolto ai giovani under 36.

Secondo quanto previsto dall’articolo 64, per i giovani di età non superiore a 35 anni è riconosciuta l’esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale.

Il bonus prima casa si applica:

  • agli atti di acquisto della prima casa di abitazione, fatta eccezione degli immobili di categoria catastale A1, A8 e A9,
  • agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazioni di immobili acquisiti a titolo di abitazione principale.

Per quel che riguarda l’età, il comma 6 dell’articolo 64 prevede che non bisognerà aver compiuto 36 anni nell’anno in cui l’atto è rogitato e, tra i requisiti, bisognerà avere un ISEE non superiore a 40.000 euro annui.

Inoltre, per le vendite soggette ad IVA è riconosciuto un credito d’imposta di importo pari all’imposta corrisposta in sede d’acquisto.

Le agevolazioni fiscali per comprare la prima casa si affiancano a quelle previste per la stipula del mutuo.

Dal 24 giugno 2021 e fino al 30 giugno 2022 i giovani under 36 potranno beneficiare della garanzia di Stato pari all’80 per cento della quota capitale del mutuo, sempre in caso di ISEE non superiore a 40.000 euro.

Bonus prima casa 2021 nel Comune di residenza o obbligo di trasferimento

Soffermiamoci di seguito sui requisiti per beneficiare del bonus prima casa.

Innanzitutto, l’abitazione acquistata deve trovarsi nel territorio del Comune in cui l’acquirente è residente.

Se la residenza è altrove, è necessario trasferirsi entro 18 mesi dall’acquisto e nell’atto di acquisto bisognerà dichiarare di voler effettuare il cambio di residenza.

Il cambio di residenza si considera avvenuto nella data in cui l’interessato presenta al Comune la dichiarazione di trasferimento.

Non sempre è necessario spostare la residenza per beneficiare delle agevolazioni.
Come sopra anticipato, non è necessario il trasferimento qualora la casa acquistata con i benefici si trovi:

  • nel territorio del Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività (anche se svolta senza remunerazione, come, per esempio, per le attività di studio, di volontariato, sportive);
  • nel territorio del Comune in cui ha sede o esercita l’attività il proprio datore di lavoro, se l’acquirente si è dovuto trasferire all’estero per ragioni di lavoro nell’intero territorio nazionale, purché l’immobile sia acquisito come “prima casa” sul territorio italiano, se l’acquirente è un cittadino italiano emigrato all’estero. La condizione di emigrato può essere documentata attraverso il certificato di iscrizione all’AIRE o autocertificata con dichiarazione nell’atto di acquisto.

Inoltre, non è obbligato al trasferimento il personale delle Forze Armate e di Polizia.

Bonus prima casa 2021: vendita e riacquisto entro 12 mesi

Il bonus prima casa 2021 spetta anche ai contribuenti che già hanno un’abitazione di proprietà, a patto di rispettare il requisito della vendita dell’immobile precedentemente posseduto entro 12 mesi dal nuovo acquisto.

L’impegno a vendere l’immobile posseduto dovrà risultare nell’atto di acquisto (compravendita, atto di donazione o dichiarazione di successione).

Nell’atto di acquisto del nuovo immobile in regime agevolato (compravendita, atto di donazione o dichiarazione di successione) deve risultare l’impegno a vendere l’immobile già posseduto entro un anno.

Se questo non avviene, si perde il bonus prima casa e, oltre alla maggiori imposte e ai relativi interessi, si dovrà pagare una sanzione del 30% (sanabile con ravvedimento operoso).

Ecco come usufruire del bonus prima casa 2021 su un nuovo acquisto quando si è già proprietari di un’abitazione acquistata con o senza le agevolazioni:

VECCHIA CASA ACQUISTATA UBICAZIONE DELLA VECCHIA CASA IMPOSTE AGEVOLATE SUL NUOVO ACQUISTO
CON AGEVOLAZIONI PRIMA CASA stesso Comune in cui si trova la nuova casa da acquistare o qualsiasi Comune del territorio nazionale SI se entro un anno si vende la vecchia abitazione
SENZA AGEVOLAZIONI PRIMA CASA stesso Comune in cui si trova la nuova casa da acquistare NO (per avere le agevolazioni è necessario vendere la vecchia abitazione prima di acquistare la nuova)
  Comune diverso da quello in cui si trova la casa da acquistare SI non è necessario vendere la casa di cui si è già proprietari

Bonus prima casa 2021: categorie catastali delle abitazioni ammesse alle agevolazioni fiscali

Per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dal bonus prima casa 2021 è importante che anche l’abitazione acquistata rispetti specifici requisiti.

La legge prevede infatti che il bonus prima casa spetti esclusivamente per gli immobili appartenenti alle seguenti categorie catastali:

  • A/2 (abitazioni di tipo civile);
  • A/3 (abitazioni di tipo economico);
  • A/4 (abitazioni di tipo popolare);
  • A/5 (abitazione di tipo ultra popolare);
  • A/6 (abitazione di tipo rurale);
  • A/7 (abitazioni in villini);
  • A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi).

Le agevolazioni, inoltre, spettano anche per l’acquisto delle pertinenze, classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (per esempio rimesse e autorimesse) e C/7 (tettorie chiuse o aperte), ma limitatamente a una pertinenza per ciascuna categoria.

È comunque necessario che la pertinenza sia destinata in modo durevole a servizio dell’abitazione principale e che quest’ultima sia stata acquistata beneficiando dell’agevolazione “prima casa”.

Il bonus prima casa non spetta, invece, per l’acquisto di un’abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 ( abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico e artistico).

Bonus anche per la seconda casa: in quali casi

Come sopra anticipato, sebbene la normativa di riferimento non abbia subito modifiche nel corso degli anni, è stata la Giurisprudenza ad estendere il bonus anche per l’acquisto della seconda casa, a specifiche condizioni.

Con una sentenza della Corte di Cassazione del 2 febbraio 2018 è stato ritenuto legittimo l’accesso al bonus anche per la seconda casa nel caso in cui l’immobile precedentemente acquistato risulti inidoneo a soddisfare le esigenze abitative del possessore.

Si tratta ad esempio dei casi di inidoneità soggettiva, ovvero quando la casa precedentemente acquistata non può più soddisfare le esigenze abitative del contribuente e della sua famiglia o di inidoneità oggettiva, come nel caso di immobile dato in affitto e che quindi non può essere utilizzato dal proprietario in quanto sottoposto a vincolo giuridico (come disposto dalla Cassazione con successiva sentenza del 27 luglio 2018).

Anche l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 107 del 1° agosto 2017 ha chiarito un’importante novità: il bonus prima casa può essere richiesto una seconda volta nel caso di immobile già acquistato con le agevolazioni previste ma in seguito dichiarato inagibile.

 

Un chiarimento molto importante e che, nel caso specifico, si inserisce nelle importanti agevolazioni fiscali riconosciute ai possessori di case danneggiate dal terremoto.

In ogni caso è ormai riconosciuto sia dalla giurisprudenza che dalle regole ufficiali delle Entrate che è indispensabile il trasferimento nel Comune in cui ha sede l’immobile entro 18 mesi, anche se la casa è ancora in corso di costruzione.

In caso contrario il bonus prima casa potrà essere revocato.

Revoca bonus prima casa e recupero imposte

Ci sono specifiche situazioni nelle quali l’Agenzia delle Entrate può revocare il bonus prima casa.

È prevista la decadenza dalle agevolazioni fiscali riconosciute in sede di acquisto dell’immobile:

  • in caso di mendacità delle dichiarazioni previste dalla legge, rese in sede di registrazione dell’atto;
  • in caso di mancato trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile entro 18 mesi dell’acquisto.

Proprio in merito al trasferimento entro 18 mesi e come precedentemente anticipato, la Cassazione ha ribadito l’importanza di rispettare il termine stabilito anche qualora la casa acquistata dal costruttore non fosse ancora pronta. In questo caso bisognerà trasferirsi in un altro immobile ubicato nello stesso Comune.

In caso di decadenza dal beneficio del bonus prima casa 2021:

  • è dovuta la differenza tra l’imposta di registro in misura ordinaria e le imposte corrisposte per l’atto di trasferimento, una sanzione pari al 30% delle stesse imposte e il pagamento degli interessi di mora;
  • se la cessione è soggetta a IVA, è dovuta la differenza d’imposta non versata (ossia la differenza tra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata), una sanzione pari al 30% della differenza medesima e il pagamento degli interessi di mora.

Bonus prima casa: dal 1° gennaio 2021 ripartono i termini per gli acquisti effettuati nel 2020

In conclusione si ricorda che, in considerazione dell’emergenza Covid-19, il decreto Liquidità ha sospeso dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020 i termini connessi al mantenimento del bonus prima casa.

Per chi ha acquistato un’abitazione nel 2020 ed ha beneficiato della sospensione, è bene ricordare che dal 1° gennaio 2021 è ripartita la decorrenza dei termini per:

  • trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicata l’abitazione acquistata (18 mesi);
  • acquistare un altro immobile da destinare ad abitazione principale, nel caso di rivendita della prima casa entro 5 anni dall’acquisto (12 mesi);
  • rivendere la prima casa già posseduta, in caso di acquisto agevolato di una nuova abitazione (12 mesi);
  • acquistare una prima casa dopo aver venduto la precedente e ottenere il credito pari alle imposte pagate (12 mesi).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Data di pubblicazione: 06/08/2021 

Fonte: Informazione fiscale