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Comunicati stampa

Il MEF chiarisce che la maggiorazione delle aliquote IMU, approvate per il 2020, valgono in automatico per il 2021.

Con Risoluzione n 8 del 21 settembre 2021 il Mef fornisce un chiarimento sulla maggiorazione dello 0,08 per mille (ex art 1 comma 755 legge160/2019) dell'aliquota IMU 2021

In particolare, il MEF in risposta ad un quesito specifica che "al riguardo, si ritiene che nel caso di specie la mancata adozione di una delibera sulle aliquote IMU per l’anno 2021 determina l’effetto della conferma automatica di tutte le aliquote approvate per il 2020, compresa anche quella maggiorata dell’1,14%, risultante per l’appunto dall’applicazione della suddetta maggiorazione dello 0,08%"

E' bene specificare che nel quesito viene precisato che tale maggiorazione è stata espressamente confermata con deliberazione consiliare, nella medesima misura dello 0,08%, ininterrottamente per gli anni dal 2015 al 2019 e che, con riferimento all’anno 2021, il comune non ha adottato alcuna deliberazione in materia di aliquote IMU.

Il comune, viene spiegato nel quesito, non ha provveduto per il 2021 nel presupposto che tale comportamento determini la conferma tacita di tutte le aliquote IMU già approvate (e pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle finanze) per l’anno 2020 (ai sensi dell'art. 1, comma 169, legge 27 dicembre 2006, n. 296, oltre che, con specifico riferimento all’IMU, nell’art. 1, comma 767, legge 27 dicembre 2019.)

Il MEF con la risoluzione in oggetto, giunge a considerare una conferma automatica delle aliquote poiché l'art 1 comma 755 legge 160 del 2019 stabilisce che a “decorrere dall'anno 2020, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi dei commi da 10 a 26 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, i comuni, con espressa deliberazione del consiglio comunale, pubblicata nel sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi del comma 767, possono aumentare ulteriormente l'aliquota massima nella misura aggiuntiva massima dello 0,08 per cento, in sostituzione della maggiorazione del tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui al comma 677 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l'anno 2015 e confermata fino all'anno 2019 alle condizioni di cui al comma 28 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015. I comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento”.

Dalla lettura della previsione normativa, spiega il Ministero delle Finanze, si evince che l’“espressa deliberazione del consiglio comunale” non può che riferirsi all’anno 2020 che costituisce il primo anno di applicazione del nuovo regime dell’IMU 

Il Legislatore ha  chiesto agli enti locali di manifestare espressamente, per l’anno 2020, con delibera la volontà di confermare l’ex maggiorazione TASI, vigente per il comune nel regime di convivenza dei tributi IMUTASI precedente a quello di vigenza della sola IMU. Una volta superato l’anno di transizione tra i due regimi ordinamentali, la suddetta maggiorazione, nei comuni che versano nelle condizioni di legge, diventa a tutti gli effetti un’aliquota IMU con il medesimo regime giuridico delle altre aliquote, cui si applicano dunque le stesse regole generali stabilite per queste ultime. 

La locuzione "I comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento”  comporta che negli anni successivi al 2020 i comuni possono, con espressa deliberazione consiliare, solo ridurre la maggiorazione applicata nell’anno 2020, mentre la mancata approvazione delle aliquote IMU per l’anno 2021 e successivi determina, come sopra chiarito, la conferma automatica, ope legis, di tutte le aliquote approvate per l’anno 2020, ivi inclusa l’aliquota maggiorata dell’1,14%, indicata nel quesito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DATA:23/09/2021

FONTE:FISCO E TASSE

Contributi Covid regionali alle partite IVA più colpite dalla pandemia, ampia la platea di beneficiari.

Dalle attività commerciali dei centri storici ai ristoranti, passando per i parchi tematici e i giardini zoologici, ma anche per le imprese che operano nel settore dei matrimoni e degli eventi privati. Sono 340 milioni di euro le risorse a disposizione: la ripartizione tra le Regioni nel DPCM pubblicato il 18 settembre in Gazzetta Ufficiale.

Prendono vita i contributi Covid regionali destinati alle partite IVA più colpite dall’emergenza Covid previsti dall’articolo 26 del primo Decreto Sostegni.

La platea di beneficiari è ampia: dalle attività commerciali dei centri storici ai ristoranti, passando per i parchi tematici e i giardini zoologici, ma anche per le imprese che operano nel settore dei matrimoni e degli eventi privati.

Il Fondo per il sostegno delle attività economiche particolarmente colpite dall’emergenza epidemiologica ha un valore pari a 340 milioni di euro. E con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 settembre 2021, le risorse sono state ripartite tra le Regioni e le Province Autonome.

Contributi Covid regionali per attività commerciali, ristoranti, parchi tematici: le risorse in arrivo

L’intera somma stanziata per i contributi Covid regionali destinati ai soggetti che hanno subito maggiormente i danni della pandemia, oltre ad essere distribuita in tutta la penisola, deve essere anche ripartita tra le diverse categorie di beneficiari.

 

Come si legge nell’articolo 1 del DPCM datato 30 giugno, ma pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo circa 3 mesi, gli aiuti saranno destinati ai seguenti soggetti:

  • attività commerciali e ristoranti dei centri storici e imprese che operano nell’ambito dei matrimoni e degli eventi privati per un totale di 300 milioni di euro;
  • imprese esercenti trasporto turistico di persone tramite autobus coperti per 20 milioni;
  • parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici per altri 20 milioni di euro.

Il fondo è stato istituito dall’articolo 26 del DL n. 41 del 2021 per permettere alle Regioni e alle Province Autonome di erogare contributi a sostegno delle partite IVA maggiormente colpite dall’emergenza Covid.

 

Contributi Covid regionali per attività commerciali, ristoranti, parchi tematici: la ripartizione del Fondo

Il testo normativo non indica nel dettaglio le modalità di erogazione e i requisiti da rispettare per accedere ai contirbuti Covid regionali per attività commerciali, ristoranti, parchi tematici. Ma, con la pubblicazione in gazzetta ufficiale del DPCM del 30 giugno 2021, è stato compiuto un passo avanti verso la piena operatività della misura di sostegno introdotta lo scorso marzo.

Ed è possibile conoscere nel dettaglio a quanto ammontano le risorse che saranno distribuite nelle diverse Regioni per garantire nuovi aiuti Covid alle diverse categorie di beneficiari.

La cifra più alta prevedibilmente spetta alla Lombardia, mentre quella più esigua alla Valle d’Aosta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DATA: 22/09/2021

FONTE: INFORMAZIONE FISCALE

 

 Le abitazioni in costruzione sono escluse dal calcolo dei limiti di spesa e dall'accesso all'agevolazione.

 

Superbonus 110 per cento, le abitazioni in costruzione non possono concorrere alla formazione della spesa massima ammissibile per l’accesso all’agevolazione.

Lo chiarisce la risposta numero 609 del 17 settembre 2021 dell’Agenzia delle Entrate.

Devono essere infatti prese in considerazione solo le unità immobiliari esistenti all’inizio dei lavori.

La presenza di edifici in costruzione, tuttavia, non preclude l’accesso al superbonus 110 per cento, a patto che la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza sia superiore al 50 per cento.

Superbonus 110 per cento, le abitazioni in costruzione sono escluse dal calcolo dei limiti di spesa dell’agevolazione

Il superbonus 110 per cento è l’oggetto della risposta all’interpello numero 609 del 17 settembre 2021 dell’Agenzia delle Entrate.

Il documento di prassi si concentra sul caso di un condominio composto da diverse unità abitative, alcune delle quali rientrano sono accatastate nella categoria F3, ovvero "Fabbricati in corso di costruzione".

Lo spunto per i chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria nasce dal quesito posto dall’istante, un condominio composto da 343 unità immobiliari accatastate come segue:

  • 89 unità nella categoria catastale A/2;
  • 26 unità nella categoria catastale F/3;
  • 5 unità nella categoria catastale A/10;
  • 1 unità nella categoria catastale D/1;
  • 222 unità nella categoria C/6 garage e posti auto coperti.

L’istante chiede se può beneficiare dell’agevolazione per una serie d’interventi di efficientamento energetico, che sono dettagliati nella richiesta.

Nel fornire i chiarimenti richiesti l’Agenzia delle Entrate richiama il quadro normativo di riferimento e i relativi documenti di prassi.

 

Come già chiarito in precedenza dall’Amministrazione finanziaria, una condizione per poter beneficiare dell’agevolazione è che gli interventi siano effettuati su edifici esistenti, dotati d’impianto di climatizzazione invernale e di natura residenziale.

In altre parole non possono beneficiare della detrazione introdotta dal decreto Rilancio gli interventi su edifici di nuova costruzione.

Per quanto riguarda il caso in esame, quindi, non sono agevolabili gli interventi sulle 26 unità accatastate con categoria F/3.

Il documento di prassi chiarisce, infatti, che:

“non possano concorrere alla formazione della spesa massima ammissibile al fine di fruire delle agevolazioni previste per gli interventi trainanti poiché occorre tener conto del numero di unità immobiliari esistenti all’inizio dei lavori.”

La presenza di tali edifici, tuttavia, non fa perdere il diritto del condominio ad accedere al superbonus 110 per cento per gli interventi che riguardano le spese comuni delle unità residenziali e non residenziali, comprese le pertinenze.

L’agevolazione potrà essere concessa a condizione che la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza e ricomprese nell’edificio sia superiore al 50 per cento.

Una volta verificato tale requisito, l’Agenzia delle Entrate spiega che:

“la fruizione del beneficio è ammessa per gli interventi sulle parti comuni (trainanti) anche per il proprietario o il detentore di unità immobiliari non residenziali ultimate (nel caso in esame di categoria catastale A10 - uffici e studi e D1- Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole) e che sostengano le spese per le parti comuni.”

Nel richiamare la normativa di riferimento sul superbonus 110 per cento, l’Agenzia delle Entrate spiega anche come calcolare i limiti di spesa.

Nel calcolo, come anticipato, non rientrano le unità immobiliari in fase di costruzione.

L’istante potrà quindi beneficiare, per gli interventi trainanti di efficientamento energetico, della detrazione calcolata su un ammontare complessivo delle spese d’importo variabile in funzione delle unità immobiliari residenziali e non residenziali.

Sono dunque escluse le unità immobiliari F/3 ma sono comprese le pertinenze.

Un ulteriore quesito posto dall’istante consiste nella richiesta di chiarimenti sugli interventi trainati. L’istante intende sapere se i proprietari delle unità residenziali finite e la società proprietaria delle unità in corso di finitura (F/3) possono beneficiare delle relative agevolazioni previste dal decreto Rilancio.

L’esecuzione sulle parti comuni dell’edificio in condominio di almeno un intervento trainante permette a ciascun condomino di beneficiare dell’agevolazione del superbonus, effettuando sulla singola unità immobiliare gli interventi trainati che rientrano nell’ecobonus, compresi quelli prospettati dall’Istante.

Il limite massimo di tali interventi trainati è su due unità.

A completamento dei chiarimenti, in conclusione l’Agenzia delle Entrate sottolinea che

 

i criteri sopra richiamati, al fine di stabilire le misure massime agevolabili per gli interventi "trainanti" e "trainati" su un edificio condominiale, valgono anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 121 del decreto Rilancio, in cui i soggetti che sostengono le spese optino, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante in sede di dichiarazione dei redditi relativa all’anno di riferimento delle spese, per la cessione del credito di imposta corrispondente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DATA: 21/09/2021

FONTE: INFORMAZIONE FISCALE